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Dipendente “discrimina” la collega per via dei propri orientamenti sessuali… licenziato!

Il fatto:

In attesa di prendere servizio la donna, autista di autobus,  aveva da poco partorito due gemelli e alla fermata dei mezzi pubblici si era sentita dire da un collega: «Ma perché sei uscita incinta pure tu? Ma perché non sei lesbica tu?». E ancora: «Come sei uscita incinta?»

Le decisioni:

Per la corte d’appello di Bologna si era trattato semplicemente di un comportamento ” inurbano” punito dal regolamento aziendale con una sanzione conservativa.

Ma la Corte di Cassazione ha ribaltato la sentenza: «La valutazione del giudice di merito nel ricondurre a mero comportamento inurbano la condotta dell’uomo non è conforme ai valori presenti nella realtà sociale ed ai principi dell’ordinamento».

Inoltre, la Cassazione ricorda che il Codice delle Pari opportunità tra uomo e donna considera come discriminazioni anche le molestie, ovvero quei «comportamenti indesiderati, posti in essere per ragioni connesse al sesso, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo».

In sintesi la Suprema Corte afferma che l’intrusione nella sfera privata deve essere valutata tenendo conto della centralità che, nel disegno della Carta costituzionale, assumono i diritti inviolabili dell’uomo, il riconoscimento della pari dignità sociale “senza distinzione di sesso”, il pieno sviluppo della persona umana, il lavoro come ambito di esplicazione della personalità dell’individuo e che come tale, deve essere, oggetto di tutale in tutte le sue forme e applicazioni.

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