Il lavoratore che si assenta dal posto di lavoro, senza una giustificazione, per un perdurare di più giorni commette un illecito civile, e come tale esso rappresenta una violazione dell’obbligo previsto dall’articolo 2104 del Codice Civile, di diligenza e fedeltà e delle regole di correttezza e buona fede, disciplinate dagli articoli 1175 e 1375 del Codice Civile.
Il disegno di legge in materia di lavoro approvato nel Consiglio dei Ministri del 1° maggio unitamente al decreto-legge n. 48/2023 all’articolo n.26, titolato “Modifiche in materia di dimissioni” con l’introduzione del nuovo comma n.7-bis all’articolo n. 26 del decreto legislativo n. 151 del 14 settembre 2015, recita:
“in caso di assenza ingiustificata protratta oltre il termine previsto dal contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro o, in mancanza di previsione contrattuale, superiore a cinque giorni, il rapporto si intende risolto per volontà del lavoratore e non si applica la disciplina di cui al presente articolo”.
Si tratta quindi di un licenziamento che a tutti gli effetti viene trattato come delle normali dimissioni, pertanto il datore di lavoro non sarà più obbligato, come accade oggi, a dover pagare il ticket per il licenziamento.
Il Tribunale di Udine, con la sentenza n. 20 del 27 maggio 2022, ha affermato che assentarsi dal lavoro senza fornire alcuna giustificazione, per indurre il datore di lavoro ad adottare un licenziamento per assenza ingiustificata, è da censurare.
Tale comportamento integra la fattispecie delle dimissioni per facta concludentia, anche senza il rispetto della procedura telematica.